Umberto* |
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| Sono un po' arruginito, ti dico quello che mi ricordo. Sostanzialmente si tratta di sforzi intrinsechi al materiale, cioè azioni che un parte del pezzo esercita su un'altra parte. Prendi ad esempio il caso di un acciaio che venga temprato, o comunque un metallo che, riscaldato, venga poi raffreddato bruscamente: la superficie esterna dapprima si raffredda più rapidamente del cuore del pezzo e per dilatazione termica tende a "restringersi": si crea quindi una azione di compressione sul cuore da parte della superficie esterna e una di trazione sull'esterno da parte del cuore. Quando anche il cuore si raffredda le parti si invertono, per cui si ha trazione in superficie e compressione sul cuore.
Se ti chiede ti parlare di autotensioni questo però non basta: devi anche spiegare che importanza e che effetti hanno. Ora davvero mi ricordo poco: senz'altro un materiale con autotensioni presenta delle cedevolezze meccaniche maggiori, infatti spesso a certi processi termici segue una fase di omogeneizzazione, per distendere le autotensioni. D'altra parte, mi pare, le autotensioni sono però utili per la resistenza a certe forme di corrosione localizzata (pitting, se non sbaglio) e per aumentare anche la resistenza a fatica: infatti, oltrechè con i processi termici, talvolta si generano ad hoc tensioni superficiali tramite la pallinatura, che è un processo che consiste nel "martellare" ripetutamente la superficie di un metallo con palline di carbonio per creare un distribuzione superficiale.
Dimenticavo, sul libro queste cose ci sono, ma sono un po' sparse qua e là. Prova se trovi qualcosa su internet, ma non fidarti troppo!
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